Associazione Cernuschese Astrofili APS

Osservatorio Astronomico Civico "Gabriele Barletta"

E’ possibile migliorare la messa a fuoco del proprio telescopio?

Per un uso visuale la messa a fuoco è meno critica che nel caso di riprese fotografiche data l’intrinseca abilità dell’occhio umano (o meglio del cervello) di compensare eventuali deficienze di resa. La webcam o il CCD infatti non “interpretano” quello che vedono ma si limitano a riportare la luce che li colpisce tale qual è rivelando senza pietà ogni più piccolo difetto. Iniziamo ad esaminare le cause e i rimedi che possono influenzare la messa a fuoco nel primo caso dato che quanto applicabile dai visualisti è altrettanto di aiuto per gli astroimagers.

La messa a fuoco è influenzata da molte variabili, alcune tranquillamente gestibili, altre più casuali e ingovernabili. Tra i fattori su cui ben poco possiamo intervenire figurano il cattivo seeing che varia in continuazione la rifrazione atmosferica: con un’immagine stellare in continuo ribollio è impossibile determinarne la nitidezza. Altro fattore ambientale è la temperatura che varia con il passare del tempo e influisce anch’essa la corretta messa a fuoco anche se questa variabile si fa più evidente soprattutto in caso di lunghe focali.

Possiamo invece intervenire su altri fattor i legati alla tecnica e all’attrezzatura che stiamo utilizzando. Prima di tutto la pazienza: la messa a fuoco è sempre un’operazione delicata e sovente lunga e faticosa, quindi detta pazienza è il primo strumento di cui dobbiamo dotarci. Maggiore è la focale che si sta utilizzando, più difficile sarà raggiungere il punto di perfetto fuocoe più pazienza sarà necessaria. Nel caso di strumenti SC o newton è importante anche una corretta collimazione. Uno strumento scollimato non darà mai immagini nitide vanificando ogni sforzo di focheggiatura. Con pianeti come Giove o Urano che per la loro natura gassosa non offrono dettagli netti si può procedere mettendo a fuoco una stella vicina (o un satellite) per poi spostarsi sul pianeta. Per facilitare la ricerca dell’esatto punto di messa a fuoco sono di grande aiuto ausili come la maschera di Hartman o quella di Bahtinov.

La maschera di Hartman è un tappo posizionato davanti al telescopio su cui sono stati praticati 3 fori a forma di triangolo equilatero orientati tutti nello stesso verso. Puntando una stella luminosa la sua luce verrà suddivisa in 3 punti di forma triangolare con 3 baffi di diffrazione ciascuno (uno per ogni vertice del triangolo). Variando la messa a fuoco queste figure luminose tenderanno a concentrarsi verso il centro in un unico punto. Nel momento in cui i tre triangoli luminosi si fondono in un unico triangolo centrale con 6 baffi di diffrazione nitidi e luminosi abbiamo raggiunto una buona messa a fuoco. A questo punto ricordiamoci di togliere la maschera dal telescopio…

La maschera di Bahtinov sfrutta lo stesso principio di diffrazione ma in questo caso invece di 3 fori abbiamo una serie di fessure che creano 3 griglie diversamente orientate fra loro. La figura luminosa che si viene a creare è formata da un punto centrale e 6 baffi di diffrazione. A differenza della maschera di Hartman in cui la figura finale è comunque di piccole dimensioni con questa maschera la sagoma mantiene sempre la stessa grandezza mentre a variare con la messa fuoco è la posizione dei baffi. Quando questa non è precisa i 2 baffi centrali saranno spostati dal centro verso una delle altre due coppie mentre a fuoco perfetto i bafffi saranno distribuiti simmetricamente rispetto al punto centrale. Una spiegazione più dettagliata e con relativo video dimostrativo sono disponibili sul sito di questo astrofilo: https://gerlos.altervista.org/maschera-bahtinov-messa-fuoco-super-precisa.

Ovviamente buona parte della messa a fuoco è da imputare al focheggiatore. Nei telescopi economici spesso questo strumento è realizzato tutto o in parte in plastica con un movimento a pignone/cremagliera che utilizzando un unico punto di appoggio crea un “effetto altalena” che influisce negativamente sia sulla collimazione che sulla focheggiatura. Il risultato è quello di far basculare il portaoculari da un lato all’altro dell’asse ottico vanificando ogni tentativo di precisione. Migliori sono i focheggiatori con schema costruttivo tipo Crayford (magari demoltiplicato) in cui il tubo di focheggiatura scorre chiuso fra il rullo di movimento e i cuscinetti reggispinta con un andamento privo di giochi e oscillazioni. Nel caso non sia possibile o non si voglia spendere ulteriore denaro per sostituire il focheggiatore pignone/cremagliera originale si può provare a spessorare il tubo di focheggiatura per ridurne il gioco e l’oscillazione. Da evitare l’uso del nastro adesivo che finirebbe per impuntarsi e arrotolarsi dopo poco uso: io ho trovato ideale utilizzare il vellutino adesivo, più sottile e più liscio del comune nastro. Un altro accorgimento per facilitare il movimento fine di focheggiatori economici è quello di maggiorare una delle manopole di rotazione sostituendola o applicandovi un disco di plastica/metallo/legno quanto più grande sia possibile maneggiare. Con questo sistema ad un apprezzabile movimento dato con minimo sforzo alla rotella lungo la sua periferia corrisponde un piccolo movimento dell’asse del pignone. Senza la rotella maggiorata a causa del minor raggio di leva lo sforzo da applicare sarebbe maggiore a scapito della precisione del movimento (e del fuoco). In alternativa alla “rotella maggiorata” possiamo sostituire una leva solidale all’asse della manopola: quale che sia la soluzione l’obbiettivo è quello di aumentare il braccio di leva su cui applichiamo il movimento.

Per le riprese fotografiche sono validi tutti metodi sopra elencati per la messa a fuoco visuale, in particolare la maschera di Bahtinov è da preferirsi alla Hartman in quanto è utilizzabile anche su stelle non necessariamente luminose per via della maggior superficie delle aperture. Nel caso si utilizzino webcam o CCD dedicati nei relativi software di acquisizione sono di solito presenti funzioni di aiuto per la messa a fuoco che si tratti della semplice possibilità di zummare su un particolare o che si utilizzino funzioni FWHM (Full Width Half Maximum) che riportano numericamente e graficamente il diametro della stella che si sta riprendendo (ovviamente più l’immagine della stella risulta piccola e migliore è la messa a fuoco).

Mirko Gusmaroli

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